Descrizione
Il nucleo centrale di questo volume contiene la cultura contadina, artigianale e pastorale che nel più recente passa-to ha interessato il paese di Raccuja. Tutto il resto ruota attorno al fulcro di questa ragione fondamentale.
La cultura relativa alla vita contadina, artigianale, pastorale e all’uso del dialetto ormai da alcuni decenni s’incammina verso un lento e inesorabile tramonto, anche se si nota ancora una certa resistenza nel settore della tradizione alimentare e in quello religioso.
Delle antiche consuetudini, oggi, abbiamo memoria solo attraverso alcuni musei etnoantropologici, come quello di Ucria, ove sono raccolti attrezzi di lavoro contadino e altro materiale artigianale, dei quali le giovani generazioni hanno ben poca cognizione di causa, o attraverso una serie di pubblicazioni di cultura popolare e dialettale. Per quanto riguarda il patrimonio delle tradizioni popolari non si possono non ricordare gli studi e le ricerche effettuate da Pitrè, da Salamone Marino, da Amabile Guastella e da altri, che con i loro scritti ci hanno consegnato una varietà di materiali che diversamente sarebbero andati perduti.
Molti scrittori, ma soprattutto il siciliano Giovanni Verga, ci hanno lasciato una descrizione della misera e dura vita dei campi (giovani lavoratori che portano i segni del lavoro nei loro volti e nei loro abiti), ma raramente vengono documentati gli oggetti di lavoro.
Solo a partire dalla metà del Novecento si è cominciato a pensare di ricercare, raccogliere e conservare quegli oggetti giornalmente adoperati in un recente passato, quale testimonianza di una civiltà ormai andata quasi perduta.
Lo spirito di questo libro ha come prospettiva quella di far rivivere, per quanto possibile, il patrimonio straordinario della civiltà contadina, della civiltà pastorale, della civiltà artigianale dei raccujesi di ieri, che avevano come stile di vita il lavoro e il rispetto dei valori umani, la semplicità e la tolleranza; valori che si contrapponevano ai pregiudizi, al cinismo, alle imposizioni della classe politica elitaria che reggeva le sorti del paese. Ma ha anche un significato più profondo che non tocca solo chi scrive, ma l’intera comunità di Raccuja che deve tenere sempre presente quanto acutamente ed ironicamente scrisse Leonardo Sciascia: «Quando un popolo, un paese, una collettività, grande o piccola che sia, non perde la memoria, vuol dire che non è nemmeno disposto a perdere la libertà».
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