Descrizione
Lo scenario dove l’autrice Antonietta Filangeri, dispone e sviluppa il dramma immaginario è inquadrato nel 1566, nella Sicilia asburgica sotto Filippo II. L’autrice mette in evidenza i tratti di un mondo distopico, post apocalittico in cui i protagonisti sopravvissuti raccoglieranno i cocci-rottami delle loro vite previamente distrutte e devastate da quell’endemica ondata della peste, per ricominciare tenuemente le loro nuove vite nel nuovo ciclo dell’eterno ritorno.
Quest’opera letteraria ispirata è una metafora della vita dell’uomo universale da quando abita la terra e qui suddivisa in tre parti: l’apocalisse; l’eterno ritorno a sé stessi; la nuova vita.
La qualità descrittiva dell’autrice risiede nell’intrecciare e snodare la matassa dei complotti, intrighi, pericoli, calunnie, inganni, minacce, sconfitte e rinascite. I protagonisti che via, via si affacciano sulla scena del racconto, sono vittime di vicissitudini naturali, spirituali, politiche, militari e sociali; malconci, rovinati e senza segni di possibile speranza, ma tenaci. Non si arrendono, non si sentono sconfitti. Con le ultime forze ancora rimaste sono pronti a lottare contro tutte le contrarietà decisi a vincere, ma soprattutto a redimersi. Ognuno a modo proprio si confronta con i relativi avversari nelle circostanze che gli si pongono innanzi, ricominciando ad ordinare la nuova vita nell’ambito della relativa normalità nel ciclo perenne dell’esistenza, con tanta intensità da elevare questo racconto al livello dei più celebri romanzi d’avventura conosciuti.
Nel microcosmo di questo piccolo mondo, in cui la vita dopo essere stata interdetta e devastata dalla peste, successivamente dallo spopolamento e dall’abbandono, incomincia a germogliare. L’autrice per rispettare l’autenticità dell’effetto della vero-similitudine della narrativa, altera ortograficamente l’identità vera dei nomi dei borghi, dei paesi, delle cittadine e delle frazioni di quesito lembo geografico in cui i Nebrodi membruti si sposano con le dolci Madonie. A questo proposito va sottolineato che Tusa, non è stata mai menzionata in un’opera letteraria e narrativa, unica nel suo genere.
Tutti i personaggi gradualmente ritornano a quel futuro-rinascita da sempre anelato e desiderato dopo avere sopravvissuto il cataclisma dell’apocalisse che fu: rinati, fortificati, trasformati, degni e meritevoli per raggiungere ed ottenere la meta salvifica delle loro travagliate peregrinazioni. Nel testo narrato, la presenza velata ma sempre costante dell’Onnipotente, agisce per liberare la sua creatura attraverso il dramma per ricollocarla nella sua autentica verità e unicità per cui è stata creata. Questo è lo stile letterario usato dall’autrice di questo racconto dove sa bilanciare armonicamente dialoghi, descrizioni, attività ed atteggiamenti intrecciandoli nell’onnipresente leit motif d’indirizzo cistico-spirituale che corona trionfalmente la sua arte letteraria stilizzata secondo il temperamento personale e la sua poetica letteraria.
La qualità descrittiva dell’autrice risiede non soltanto nell’avere saputo intrecciare e snodare la matassa dei complotti, intrighi, pericoli, calunnie, inganni, minacce e sconfitte di tutti questi archetipi che qui rappresentano la nostra vita, ma anche per avere generato un’opera ispirata che raggiunge l’alto livello dell’arte narrativa. Questa infatti è verosimilmente una lunga preghiera che conduce il lettore a guardare sempre verso l’alto, in cui la transizione e la trascendenza sono i volani per staccarsi dalla vita effimera che ognuno conserva in sé nel faticoso raggiungimento di quella luce salvifica, obiettivo finale di ogni autentica maturità.
La Filangeri, architetto ed artista palermitana ma assolutamente tusana nelle sue radici, è una scrittrice poliedrica e prolifica. Compone quasi giornalmente espressioni intime, personali, profondamente sentite, ispirate ed ispiranti, che emette ai suoi lettori per arricchirsi nell’esperienza ottenuta della stesura di questi sentimenti. Quest’opera letteraria è senz’altro anche una forma di gratitudine ad un luogo a lei profondamente caro: Tusa.
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